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Chi è senza colpa

Dennis Lehane alla ricerca della morale perduta:
anime perse nel freddo della notte di Brooklyn

Bob Saginowski fa il barista nel locale del cugino Marv. E’ taciturno, apparentemente tranquillo, apparentemente remissivo, apparentemente perdente. Una di quelle persone che nessuno nota mai. Un giorno trova nella pattumiera di Nadia un cucciolo di pitbull, che qualcuno ha pesantemente malmenato prima di abbandonarlo, e lo prende con sé. Conoscere Nadia implicherà conoscere Eric Deeds, suo ex rinomato per un delitto di quartiere, che si dichiara padrone del cane e intende riavere lui e la donna. Intanto anche Marv sta organizzando un colpo ai danni dei ceceni per rifarsi con gli interessi della perdita del bar. E Bob, che fa il possibile per restarne fuori, è tirato dentro per forza.

Può essere utile soffermarsi sul titolo di un film quando la traduzione (termine improprio) è fuorviante. Il film che Michaël R. Roskam, belga, ha tratto dal racconto di Dennis Lehane “Animal Rescue”, si intitola in originale “The Drop” e diventa in Italia “Chi è senza colpa”. E’ evidente che questo titolo ha un che di didascalico e che intende suggerire un mondo, piccolo o grande che sia, di colpevoli a nessuno dei quali dovrebbe essere consentito scagliare la prima pietra. “The Drop”, invece, ha molti significati: può essere la goccia, la caduta, la consegna, la soffiata e la botola. Quello che a noi piace di più è un composto, drop box, che significa cassetta delle offerte. Da tener presente che nel film si parla di un bar, il Marv, che occasionalmente funge da punto di raccolta per i soldi di una gang cecena, ma anche di una chiesa, Saint Dom, che sta per essere chiusa e trasformata in abitazioni. Quindi, più che di presente, si parla di passato e di tutto quello, anche non detto, che ha portato i personaggi ad essere quello che sono. Tutto sfumato, praticamente il racconto di un’attesa che, lo sappiamo, porterà a conclusioni drammatiche e probabilmente fataliste. Ma non sappiamo né come, né quando, né chi. Il titolo italiano cerca di farcelo sapere in anticipo.

Lehane è uno scrittore bostoniano di origine irlandese che i cinefili conoscono molto bene grazie a “Mystic River” di Clint Eastwood e “Gone Baby Gone” di Ben Affleck. Scrittore morale che le persone, le cose e i fatti conducono a prendere atto di una diffusa mancanza di moralità e quindi di un’umanità che ha smarrito la propria innocenza. Le sue storie sono quindi storie di cadute dalle quali potrebbe essere molto difficile rialzarsi. Ma contemporaneamente non gli manca uno sguardo pietoso nei confronti di chi, da qualche parte nel proprio essere, conserva ancora tracce di umanità sofferente e capace di slanci verso il prossimo. In sostanza, una visione in parte cristiana indebolita da una grande difficoltà a ritrovare le radici della speranza. “Chi è senza colpa”, di cui Lehane ha scritto anche la sceneggiatura, esprime tutto questo con forza e chiarezza, giovandosi anche di un regista belga, Roskam, che esclude a priori ogni rappresentazione di una New York, più precisamente Brooklyn, in qualche modo riconoscibile. Vicoli bui, locali infimi, personaggi sconfitti, notte profonda, attesa di qualcosa che comunque non sarà rassicurante: tutto quello che trasforma un canovaccio poliziesco in un noir dell’anima.

Le conclusioni cui giungono Lehane e Roskam, attraverso una rappresentazione fredda e disumanizzata che a posteriori si capisce dover avere anche un effetto manipolatorio sullo spettatore, sono che l’umanità è colpevole a diversi livelli e che l’innocenza o è palesemente perduta o è soltanto apparente. In questo contesto, molto più esistenziale e filosofico che banalmente poliziesco, si apprezza moltissimo la libertà narrativa non legata a stereotipi di genere. Il ritmo è lento, se parliamo di azione tradizionale. Ma se parliamo di dinamiche interiori è invece serrato e incalzante. Alla fine hanno un ruolo fondamentale i protagonisti. Tom Hardy, che trasforma Bob in un vulcano sul punto di esplodere, Noomi Rapace, che conosce quel mondo troppo bene per poter pensare di non doversi adeguare, e James Gandolfini nella sua ultima interpretazione, un Marv stupidamente convinto di farcela. John Ortiz, invece, è un poliziotto molto intuitivo che resta in disparte e avrebbe meritato un po’ di spazio in più. E “Chi è senza colpa” diventa una memorabile riflessione sulla durezza del mestiere di vivere.

Di Francesco Mininni

CHI È SENZA COLPA (The Drop) di Michaël R. Roskam. Con Tom Hardy, James Gandolfini, Noomi Rapace, Matthias Schoenaerts, John Ortiz. USA 2014; Drammatico; Colore

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