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L’UOMO D’ACCIAIO

di Zack Snyder

(Man of Steel) REGIA: Zack Snyder. SCENEGGIATURA: David S. Goyer. INTERPRETI: Henry Cavill, Amy Adams, Laurence Fishburne, Kevin Costner. FOTOGRAFIA: Amir M. Mokri (Formato: Cinemascope/Colore). MUSICA: Hans Zimmer. PRODUZIONE: Syncopy Productions, Dc Entertainment, Atlas Entertainment, Cruel & Unusual Films, Third Act Productions. DISTRIBUZIONE: Warner Bros. GENERE: Fantasy. ORIGINE: USA. ANNO: 2013. DURATA: 143’. – (Junior Cinema: Teens)

Che piaccia o no, quando in futuro studieremo la Storia del cinema e ci imbatteremo nel capitolo riguardante i supereroi e il grande schermo, un nome spiccherà sugli altri ed è quello di Zack Snyder. Il regista statunitense ha il merito di aver cercato (e a volte trovato) il giusto equilibrio tra epica del super uomo e narrativa, tra immagine e mito, tra graphic novel e mezzo cinematografico. Così è interessante vedere come Zack Snyder continui a interrogarsi sul tema del superuomo al cinema. Lo fa con Superman. I kriptoniani sono prossimi all’estinzione dopo aver abusato di poteri, mezzi e tecnologie. Jor- El decide in inviare il proprio figlio Kal sul pianeta Terra così da dare una chance alla propria stirpe di continuare a vivere. Sulle tracce del figlio però c’è il terribile generale Zod che vuole sfruttare questa occasione per piegare la volontà del ragazzo e conquistare la Terra…Non era una prova facile da superare, questa. Riproporre al cinema il super eroe per eccellenza, Superman, poteva apparire ai più come un vano tentativo di rilanciarsi con un personaggio che a occhio e croce aveva già detto tutto dopo il “Superman Return” di Bryan Singer. Zack Snyder invece questa volta stupisce tutti. L’uomo d’acciaio è semplicemente un film riuscito e spettacolare. Lo è per aver sperimentato, unito e fatto convergere più idee visive (dalle accelerazioni, ai piani sequenza, dal montaggio al rallenty, fino a richiami alle più moderne tecniche dell’immagine) in uno spettacolo omogeneo che stupisce, ammalia e coinvolge lo spettatore in ogni singolo fotogramma.

* Il cinema ritorna alle origini del supereroe che è stato letto e amato da intere generazioni. E, con mezzi spettacolari, va in profondità, nel cuore di un uomo diverso da tutti e solo, al quale Henry Cavill offre uno spessore diverso e meno muscolare, anche quando affronta il perfido generale Zod (Michael Shannon) animato da una volontà pur nobile, volendo salvare la sua razza, però eliminando la nostra. Da qui il motivo per cui è stato scelto questo titolo. «Non abbiamo voluto chiamare il film Superman– svela il regista – ma L’uomo d’acciaio semplicemente perché ci interessava mettere prima la parola uomo e forse dopo super. Quello su cui ci siamo concentrati è capire chi fosse Kal, la sua infanzia difficile, il sacrificio dei suoi duplici genitori, quelli del mondo d’origine, quli adottivi sul nostro. Abbiamo voluto andare oltre i canoni rigidi della mitologia, tornare indietro nel tempo per capire la natura soprannaturale del personaggio e come quel “super” se lo sia dovuto conquistare con fatica, scoprendo la missione che il padre gli ha affidato prima che il loro pianeta implodesse. C’è un elemento preciso che evidenza perché Superman fa quello che fa: per dare Speranza agli uomini. Quella S sul suo costume, prima di indicare chi sia, spiega perché lui è qui sulla Terra». Snyder affronta anche la questione della dimensione cristologica del personaggio, molta stampa americana l’ha apertamente riconosciuta: «Non è una cosa che abbiamo inventato noi, c’è nella storia, che mi è entrata dentro culturalmente fin dall’adolescenza. In molti dialoghi il riferimento alla religione cristiana è diretto. Quando Jor-El, il padre kryptoniano, mette il neonato nella navicella spaziale per mandarlo sulla Terra, la mamma Lara ha paura: “Sarà un emarginato. Lo uccideranno” e il marito le risponde: “E come? Sarà un dio per loro”. Anche Kal nutre dubbi, cerca risposte: “Mio padre pensava che se il mondo avesse scoperto chi ero, mi avrebbero respinto. Era convinto che il mondo non fosse pronto”, confessa. Superman è un eroe diverso da tutti gli altri.». Henry Cavill prima di intraprendere la battaglia finale compie un gesto profondamente umile: entra in una chiesa, parla con un sacerdote che gli dice: «A volte devi compiere prima un atto di fede, poi saprai di chi ti puoi fidare». «Quella scena è meravigliosa – precisa il bravo attore inglese – per la sua dimensione di vita e religiosa. C’è sempre bisogno di qualcuno che ci dica la cosa giusta, prima di fare delle scelte. Poi siamo noi, liberamente, a decidere».

 

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