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si alza il vento

Il sogno del volo e la durezza della realtà
nella riflessione di un poeta per immagini

“Si alza il vento” di Hayao Miyazaki ha qualche caratteristica di quello che abitualmente si suol definire film-testamento: l’abbandono della fiaba o della tradizione popolare orientale a beneficio di una narrazione molto tendente al realismo puro, il doppio piano narrativo del sogno e della realtà (con precisi riferimenti storici) per giungere a una sorta di riflessione sull’esistenza umana, sui suoi impedimenti e sugli stimoli che possono restituirle vigore ed entusiasmo, una narrazione piana e molto ricca di pause riflessive, un ritmo che esclude l’azione a beneficio di una lunga disamina sui sogni di un bambino e sulle responsabilità di un adulto. Ma è anche un film ricco di immaginazione, di capacità di astrazione, di profonda umanità e di uno sguardo preoccupato sul destino dell’uomo. E’ un film che non sembra definitivo, ma che lascia spazio ad altri racconti, ad altre esplorazioni, ad altre riflessioni che sarebbe un peccato non poter ascoltare (meglio: vedere).

Jiro Horikoshi, che diventerà il progettista e l’ideatore dei celebri caccia Zero utilizzati dai kamikaze durante la seconda guerra mondiale, è un bambino che ha sempre sognato il volo. E, pur comprendendo quanti rischi questo possa comportare (nel suo primo sogno il suo aereo colorato è minacciato da un bombardiere), Jiro segue la passione e, dopo aver salvato una ragazzina e la sua governante dal terremoto di Tokyo del 1922, trova lavoro alla Mitsubishi, sperimenta la più avanzata tecnologia tedesca e riesce finalmente a realizzare il suo aereo perfetto. Nei sogni è costantemente accompagnato dal conte Caproni, progettista italiano che costruisce aerei da guerra ma desidera perfezionare il trasporto passeggeri: desideri comuni, sogni comuni. Nella realtà, invece, ritrova la ragazzina cresciuta, se ne innamora, la sposa e la perde a causa della tubercolosi. Forse non tutti i sogni si realizzano, ma di certo lei volerà sulla scia degli aeroplani.

In realtà è difficile sintetizzare a parole quanto Miyazaki sia riuscito a raccontare in immagini, con tratti semplici e quasi elementari, le aspirazioni dell’uomo, la durezza del vivere quotidiano, le ancor più dure svolte storiche che sembrano puntare più alla distruzione che alla creazione. E in tutto questo emerge la volontà del singolo, la necessità assoluta di non rinunciare ai propri sogni per non perdere una ragione di vita, persino l’importanza dei sentimenti, del dolore, dell’amore e soprattutto il continuo intersecarsi del piano onirico con quello reale a mo’ di ricarica interiore e di fonte di alimentazione per difendersi da un quotidiano che, colpendo anche duramente, potrebbe indebolire la volontà. Miyazaki suddivide nettamente il film in due parti: la prima sulla crescita di Jiro e sul progressivo avvicinamento all’obiettivo professionale, la seconda sul suo amore per Naoko con una delicatezza che allontana ogni rischio del melodramma. Alla fine, non si può che prendere atto del fatto che l’uomo, in un modo o nell’altro, è nato per volare. Se non con il corpo, di certo con la mente e con l’anima. E tutto questo a dispetto di contraddizioni radicali e di momenti di buio profondo. Jiro e Miyazaki, in fondo, sono una cosa sola: sognatori, progettisti, idealisti, poeti, capaci di grande amore e costretti a confrontarsi con l’umana imperfezione. Uomini, insomma.

di Francesco Mininni

SI ALZA IL VENTO (Kaze Tachinu) di Hayao Miyazaki. GIAPPONE 2013; Animazione Colore

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