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                                 THE DISSIDENT     

                              “Quando la vita viene sacrificata per la ricerca della verità”

recensione a cura di Lorenzo Pierazzi

  Il 2 ottobre 2018 Jamal Khashoggi, giornalista saudita del Washington Post, varca il portone del consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul per richiedere i documenti necessari per sposarsi. La fidanzata rimane ad aspettarlo all’esterno, ma invano. Jamal non uscirà mai più. Tra quelle mura, troverà la morte per soffocamento e, in un goffo e allucinante tentativo di occultarne il cadavere, verrà fatto a pezzi da un gruppo di sicari fedeli, secondo le diverse indagini anche americane, all’erede al trono Mohammed bin Salman (per tutti MBS). La vicenda di Jamal Khashoggi esplode fragorosa e attira attenzioni giornalistiche in tutto il mondo. Il suo delitto è oggetto anche di un dossier della Cia (secretato da Trump e pubblicato il 26 febbraio da Byden), tassello fondamentale di un mosaico che porta alla luce le contraddizioni del suo Paese. The Dissident è il documentario che Bryan Fogel (premio Oscar nel 2017 per Icarus, sul tema scottante del doping di Stato in Russia) ha realizzato sull’omicidio, disponibile con sottotitoli in italiano su MioCinema (le grandi piattaforme non si sono mostrate interessate ad acquistarne i diritti). Finanziato dalla Human Rights Foundation, The Dissident rappresenta una sorprendente sublimazione delle tante inchieste giornalistiche realizzate sul tema, per un documentario che si scioglie nella cinematografia di finzione. È realizzato con un montaggio incalzante, serrato, dominato da riprese dall’alto a significare la continua presenza di un narratore
onnisciente. Alle immagini tratte dalle camere di videosorveglianza, che riprendono i due futuri sposi (ma anche il ridicolo sosia di Khashoggi), alterna con precisione chirurgica le dichiarazioni dei sopravvissuti (interpreti di se stessi nei momenti docu-fiction); agli scorci bellissimi e cupi di Istanbul, contrappone il controcanto della gelida Montreal. Affascinanti ed essenziali, gli intermezzi fantasy accompagnati dalla musica di Adam Peters che mostrano lo spietato sistema di spionaggio informatico allestito dall’intelligence saudita (con il supporto di software israeliani), affidato alle famigerate mosche, un esercito di spioni capaci di entrare nei nostri cellulari con estrema facilità (tanto da rovinare personaggi del calibro di Jeff Bezos). In una guerra dove i generali sono gli ingegneri informatici, Khashoggi con i suoi collaboratori prepara le contromosse, affidate a un esercito di api ovvero uomini intenti a popolare il web delle dichiarazioni dei dissidenti, ma pagherà  il suo impegno con la perdita della vita. The
dissident non entra nel merito degli approfondimenti geopolitici ma lascia che i fatti si raccontino da soli, tanto sono chiari, e mette in risalto anche il dramma intimo di un uomo alla vigilia dei suoi sessant’anni e della sua compagna
Hatice. Toccante la narrazione, dopo l’omicidio, del rientro nella casa ancora da inaugurare da parte della fidanzata che trova tutti i mobili imbrattati di polvere nera, cosparsa dagli investigatori per rilevare le impronte digitali. Collaboratore del governo saudita per 36 anni, Jamal conosceva i pericoli a cui sarebbe andato incontro nella sede del consolato. Ma l’amore è stato più forte. Il suo gesto lo ha reso per sempre un eroe contemporaneo, capace di smascherare l’ipocrisia della diplomazia internazionale, indignata verso le autorità saudite perché artefici di un omicidio di Stato, ma incapace di adottare qualsiasi sanzione perché troppo preoccupata delle conseguenze economiche.

THE DISSIDENT
di Bryan Fogel.
Con Hatice Cengiz, Omar Abdulaziz.
Produzione: Orwell Productions;
Human Rights Foundation; USA, 2020
Documentario; Colore
Durata 1h 59min

Fonte: Toscana Oggi

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