“I PECCATORI” musica dal cuore più nero d’America
Con «I peccatori» Ryan Coogler firma il suo lavoro più audace e scatenato, un musical in salsa horror che sovrappone orrori immaginari ad altri fin troppo reali
Un vecchio pianista blues racconta della propria giovinezza, dell’amico fraterno con cui suonava, e di come questo sia stato linciato e ucciso dal Ku Klux Klan. La memoria rinnova il lutto, e dal profondo del suo petto nasce un grido di dolore che lui prova a soffocare, ma quando questo erompe ugualmente il vecchio suonatore lo trasforma in canto sincopato, nell’arco di un solo respiro. Il dolore trasformato in musica, la nascita del blues.
Dopo aver toccato franchise multimilionari con «Creed» e «Black Panther», Ryan Coogler torna alle proprie origini indipendenti con quello che è ad oggi il suo lavoro più audace e scatenato: «I peccatori», un musical horror che scava nel cuore più nero d’America e ne fa emergere storie di soprusi, violenze, segregazione, razzismo, sovrapponendole però alla musica come strumento di riscatto e fondamento di un’identità comune.
Il film si svolge nell’arco di una singola notte del 1932, nel Mississippi, con i gemelli Smoke e Stack di ritorno al paese natio dopo un periodo da gangster a Chicago. I due hanno l’intenzione di aprire un juke joint, e per la grande festa d’apertura suonerà anche il loro cuginetto Sammie, straordinario chitarrista blues… la cui musica finirà però per attirare forze oscure.
Coogler mischia continuamente generi e stili per un film che non è mai quello che lo spettatore si aspetta: una gangster story ma anche un dramma storico sul razzismo nel sud di Jim Crow, un horror con vampiri che guarda al «Dal tramonto all’alba» di Rodriguez ma anche un western di frontiera che echeggia Peckinpah, e soprattutto un musical, che fa della musica il linguaggio attraverso cui si raccontano storie e popoli, culture e identità.
Non è un caso che siano i vampiri i mostri scelti da Coogler per la seconda parte de «I peccatori»: nell’affresco sociopolitico tratteggiato da Coogler, da un lato il mellifluo Remmick di Jack O’Connell promette una comunità gioiosamente multietnica e multiculturale di molto preferibile alla vita nel Mississippi razzista dell’epoca (e non solo); dall’altro, il suo essere immigrato irlandese lo accomuna ai discendenti degli schiavi africani deportati negli Stati Uniti nell’aver visto la propria cultura e identità strappategli di dosso e sostituite con quelle dei colonizzatori, uno stato di non-vita riflesso nella figura mitologica del vampiro, in cui di nuovo solo la musica agisce da rivendicazione e riscoperta del proprio retaggio (notevolissimo il ballo sulle note di «Rocky Road to Dublin»).
Pur con qualche buco di trama che diventa evidente nell’ultimo atto, «I peccatori» è un film potente ed emozionante, vibrante di giusta indignazione e capace di travolgere con un linguaggio visivo suggestivo e ipnotico, come nella bellissima sequenza del concerto di Sammie che chiama a raccolta spiriti da ogni epoca in una formidabile ucronia musicale.
Coogler unisce orrori immaginari come vampiri e fantasmi ad altri ben più reali, annunciati da un cappuccio bianco che appare fugacemente da dietro una porta chiusa. Sono questi, però, a rappresentare il cuore di tenebra con cui l’America non è mai riuscita a fare del tutto i conti, residui nascosti sotto il tappeto che vengono riportati alla luce con la forza prorompente di un linguaggio cinematografico piegato alla poetica e allo stile eclettico e inventivo di un regista che ha ancora molto da dire.
I PECCATORI di Ryan Coogler. Con Michael B. Jordan, Miles Caton, Wunmi Mosaku, Hailee Steinfeld. USA, 2025. Horror.
Fonte: ToscanaOggi.it del 06/05/2025