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Barbiana 65 ciack si gira – Avvenire 27/08/2017 Alessandra De Luca

Anteprima
Alla metà degli anni Sessanta il regista D’Alessandro salì alla scuola del Priore che, a sorpresa, gli concesse di filmare Ora le immagini vengono riproposte con le testimonianze di Adele Corradi, Deidda e don Ciotti. Alessandra De Luca.

Ritrovate dal figlio A­lessandro dopo la morte del padre, quel­le sequenze, le uniche esistenti in cui don Milani davanti alla macchina da presa racconta, legge, parla, spiega, so­no il cuore del documentario Barbiana 65 – La lezione di don Lorenzo Milani, in programma al Festival di Venezia il pros­simo 1° settembre, coprodotto distri­buito da Istituto Luce a 50 anni dalla morte del Priore.

 Lo vediamo impegnato insieme ai suoi ra­gazzi in alcuni momenti significativi del­la scuola di Barbiana come la scrittura col­lettiva, la lettura dei giornali, il lavoro ma­nuale e la Messa, che don Milani sull’alta­re celebrò “per finta”, per la macchina da presa. Fino a quel momento il Priore ave va detto di no a tutti i cineasti che gli ave vano chiesto di mettersi in scena. D’Alessandro, arrivato a Barbiana per un’inchiesta sull’obiezione di coscienza, tema affrontato da don Milani in quella Lettera a cappellani militari che gli aveva procura to un’incriminazione per apologia di rea to, rimase molto colpito dalla realtà che s trovò di fronte.

Superati una serie di “esami”, fu invitate a filmare le lezioni. Forse perché sentiva la morte vicina e desiderava lasciare una te­stimonianza ai suoi giovani, don Milani contro ogni sua abitudine, accettò di di­ventare protagonista. Legge la sua Lettere, ai Giudici, il testo scritto per difendersi dalle accuse nel processo che lo attende­va a Roma, parla di una vita dedicata ai poveri, agli analfabeti che non sono capaci di leggere il Vangelo, a quelli che sono lontani dalla Chiesa. Parla di una scuola che deve allenare alla vita, alla libertà, al­la dignità, alla legalità. Parla di educazio­ne e conoscenza capaci di formare citta­dini consapevoli, di sciopero e voto come armi nobili e incruente. Invita a seguire la voce scomoda della propria coscienza, a imparare le parole per conoscere la Paro­la, a fare proprio il motto americano / ca­re contro il me ne frego fascista. Individua nel dubbio la via maestra per la ricerca del­la verità, definisce l’obbedienza non una virtù, ma la più subdola delle tentazioni. Intorno a queste preziose immagini de’ 1965,40 minuti in bianco e nero, Alessan­dro D’Alessandro, fotografo, regista e au­tore di numerosi programmi per la Rai sceneggiatore e regista di cortometraggi e documentari, sviluppa il racconto attra­verso le testimonianze di Adele Corradi l’insegnante che ha vissuto l’esperienza di Barbiana con don Lorenzo, Beniamine Deidda, ex Procuratore Generale di Firen­ze che dopo la morte di don Milani ha continuato a insegnare ai ragaz­zi della scuola di Barbiana, e don Lui­gi Ciotti.

«Scuola, Costituzione e Vangelo sono i tre pilastri su cui si sviluppa il pen­siero milaniano» dice il regista, che aveva visto per la prima volta il do­cumentario di suo padre nel 1980, du­rante un convegno sull’immagine ci­nematografica e televisiva di don Mi­lani. «In quell’occasione mio padre si era deciso a riordinare il materiale girato nel 1965, per lo più inedito. Nel 1967, an­no della morte di don Milani, propose il documentario alla Rai, ma i tempi non e­rano maturi. Pochi minuti erano stati con­cessi nel 1971 al rotocalco Rai Boomerang, alcune immagini sono state anche inde­bitamente usate negli anni successivi da tanti programmi televisivi che hanno fini­to per decontestualizzare e tradire il mes­saggio di don Milani. Il supporto in pelli­cola sembrava perduto, io vivevo negli Sta­ti Uniti e non me ne sono occupato fino a qualche anno fa. Mio padre parlava spes­so di quell’esperienza che lo aveva profon­damente segnato. Aveva una formazione cattolica, per la Rai aveva realizzato pro­grammi come Vangelo vivo e per Cristia­nesimo e civiltà dell’uomo aveva intervi­stato a lungo Pasolini, sostenendone quel­la spiritualità che dava fastidio alla sini­stra. Impegno civile e diritti umani sono sempre stati al centro del suo lavoro».

«A Barbiana – prosegue D’Alessandro – mio padre era salito portando con sé Tra­gedia nella miniera di Pabst e Ombre ros­se di Ford che intendeva mostrare ai ra­gazzi. Con l’arrivo della corrente elettrica don Milani si era procurato un proiettore 16 mm con cui analizzare i film insieme ai suoi studenti. La Corradi ci ha raccontato che avrebbe voluto fare lo stesso con i pro­grammi televisivi, ma quelli non poteva­no essere fermati e studiati, per cui vi ri­nunciò. La sua lezione sulla parola che u­nisce è straordinariamente attuale. Don Ciotti, in un momento dell’intervista che non siamo riusciti a montare, parla di un analfabetismo di ritorno che oggi vede protagonisti i cosiddetti eremiti digitali».

Alle immagini girate dal padre Angelo, D’Alessandro, aggiunge alcune registra­zioni audio depositate alla Fondazione Giovanni XXIII e gli 8mm. realizzati da A­gostino Ammannati, che testimoniano la vita nella scuola. L’unico allievo che nel 1965 non volle farsi riprendere era Miche­le Gesualdi, ora presidente della Fonda­zione don Lorenzo Milani. In chiusura del documentario arrivano anche le immagi­ni di Papa Francesco che fa visita alla tom­ba di don Milani, sepolto con i paramen­ti sacri e gli scarponi, per unire idealmente cielo e terra.

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