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DON MILANI – AVVENIRE – Bolzoni 30/04/76

Caro don Milani. Non l’ho conosciuto di persona. Non ho avuto il coraggio di sali­re a Barbiana per parlargli. Ci andava Valerio Ochetto, sempre in cerca di avventure dello spirito. E, quando tor­nava a Roma, nell’ufficio do­ve allora lavoravamo insieme, era come deluso, offeso. Il prete di quel lontano borgo del Mugello non era amabi­le con gli sconosciuti. Sem­brava brusco, rude, a coloro che non dividevano, con un taglio netto, il momento del cristiano e l’altro dell’uomo del mondo.

In difesa di don Milani, allorché egli venne ci­tato in giudizio dai cappellani militari per un sua generosa difesa degli obiettori di co­scienza, preparai un servizio giornalistico in collaborazione ‘con Ochetto che venne pub­blicato nel settimanale catto­lico « Orizzonti ». Lessi più tardi, ritrovandovi esperienze da me provate, « Lettera ad una professoressa », testo che i diventò la grande carta del movimento, oggi dimenticato { ma fondamentale nell’esperienza di molti, come si capirà quando si scriverà la storia dei nostri anni, dei « gruppi spontanei ». Ho scritto que­ste cose per avvertire i let­tori che di fronte a « Don Mi­lani» di Ivan Angeli (un atto­re alia sua prima prova di re­gìa cinematografica), non mi sono posto come critico, se mai io sono tale, bensì come testimone, amico della perso­na raffigurata nel film. Che è resa, da Edoardo Torricella, con uma partecipazione e una aderenza notevolissime. libri.

Il film, di taglio televisivo, visualizza episodi della vita di don Milani e alcuni brani dei suoi libri. Si può considerar­lo   una conferenza, accompagnata dalla proiezione di dia­positive; e tale impressione è favorita dalle testimonianze di Giorgio La Pira, Ernesto Balducci e Gaetano Arfé che, nel film fanno la parte di sé stessi. Dice, insomma, cose note a coloro che già cono­scono il lavoro di don Mila­ni e, per la coloritura verna­cola di alcune sequenze, l’as­senza di invenzioni nella sce­neggiatura, il tono dimesso della scrittura non piacerà di sicuro ai Pierini del dottore che fanno professione di cri­tici. Non ha molta importan­za. Questo film, che si pre­senta come un’ “appassionata testimonianza per l’analfabe­ta”, non cerca i suoi spetta­tori nelle sale di prima visio­ne, Ii, troverà prima o dopo, se le leggi del mercato non lo distruggeranno, nei circoli di periferia, nelle scuole e nelle sale parrocchiali.

Angeli ha più entusiasmo che abilità. Conosce, per adesso, soltanto duecento del­le mille parole che fanno, del cineasta, l’uomo d’oro dei bot­teghini. Ma esse sono, almeno, schiette. Il film del neoregista è un’azione pulita, e di pulizia il povero cinema italiano ha tanto bisogno. La figura del prete del Mugello vi è disegnata con affatto. Le sue Idee, frutto di quell’amore totale per il prossimo, il più povero e diseredato, che nasce dall’abbandono all’Eucarestia, sorto qui divulgate non fermezza, specie là dove battono sulla necessità di lavorare. di non disperdersi nella ricerca del superfluo, di guardare con occhi aperti al mondo senza lasciarsi incantare dai suoi inganni. E saranno capite dagli spettatori non sofisticati.

C’è da dire, è vero, che Ivan Angeli non ha saputo resistere alla suasiva semplicità del dettato di don Milani. Esso gli è sembrato così diretto, convincente da non avere bisogno, al momento del trapasso dalla pagina allo schermo. di alcuna modifica o «traduzione ». E ciò, probabilmente, è sbagliato. Perché diverso è il ritmo del discorso scritto da quello delle parole dette sul telone di un cinema., Ma, sia pure povero e anche rozzo, « Don Milani » ha. nella sincerità, la sua giustificazione. Mi ha ricordato certi film cileni, spogli, quasi impacciati, eppure sostenuti dalla forza della convinzione.

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