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UN PRETE SCOMODO   L’Avanti 17_4_76 R_E_

Lorenzo Milani è stato, in­sieme con Primo Mazzolari espressione dell’anima popo­lare (quella vera, non quella che di questi tempi da troppe parti si attribuisce alla DC) del cattolicesimo italiana, e per di più lo è stato in pieno regime democristiano.

Il film di Pino Tosini — reduce da film di serie C, intrisi di «decameronicità» — ricostruisce la vita e le lotte del prete di Barbiana con la duplice preoccupazione di metterne in evidenza le motivazioni re­ligiose e. d’altra parte, denun­ciare gli attacchi che gli ven­nero, anche dopo morto, dalla gerarchia ecclesiastica alleata dei padroni.

Nella prima parte di Un prete scomodo viene analizza­la la singolare posizione di Milani, sinceramente impe­gnato a fianco dei proletari e tuttavia strenuamente avver­so al comunismo e più in ge­nere al marxismo. Nella se­conda, l’attenzione si sposta su Barbiana e sulla scuola che, in quel paese sperduto nelle montagne toscane, il prete inviso a borghesi e vescovi aveva fondato per i figli dei contadini. Il filo condut­tore di tutto il film è comun­que la sempre più decisa scelta classista di Milani sen­za che peraltro questa si tra­muti in un superamento del cattolicesimo e della totale sottomissione al papa.

Al di là di qualsiasi valuta­zione estetica del film, decisa­mente non originale dal pun­to di vista cinematografico, e anzi afflitto da una straripan­te verbosità, dovuta alla preoccupazione degli autori di riportare interi brani di li­bri e lettere di Milani — ra­gione per la quale é andato perso l’aspetto certo interes­sante dei rapporti tra il prete e i suoi ragazzi, che il film descrive volutamente solo dal punto di vista del primo e dunque come qualcosa di pro­fondamente freddo e paterna­listico — al di là di tutto ciò, dunque, è proprio la coesi­stenza di classismo e cattoli­cesimo l’aspetto “contenuti­stico” più interessante.

Milani non esita a sostenere o quantomeno gli autori, del film non esitano a fargli sostenere con insistenza piuttosto sospetta  che l’allean­za, peraltro molto fragile, tra lui e i «rossi» è puramente occasionale, dovuta solo al fatto contingente, esprimono la volontà degli «oppressi» in una società capitalistica. In una società socialista, al contrario, il prete starebbe sicuramente contro i  “rossi”, i quali avrebbero il torto di mettersi finalmente a cambiare i rapporti sociali, senza tener conto dell’anima di nessuno.

Da questo punto di vista Un prete scomodo appare chiaramente come un tentativo di ricostituire una verginità politica «a sinistra» per il movimento cattolico, riaffermando nel contempo gli «ideali» integralisti, quegli stessi che si esprimono «a destra. attraverso i «crociati» di comunione e liberazione.

Pur con tutto il rispetto per la persona di Milani — e prescindendo ora dai motivi che possono aver spinto a fare un film come Un uomo scomodo – non si può tacere il fatto che sono gli uomini come lui che costituiscono magari contro le loro intenzioni, il maggior pericolo per il movimento operaio, non i preti reazionari. Se infatti il suo valore può consistere nel fatto che mette in moto nelle coscienze dei cattolici un meccanismo critico interno al cattolicesimo stesso, essi sono pur sempre fonti di equivocità.

Il loro esempio crea l’illusione che sia possibile ad un cattolico che rimanga cattolico compiere una reale scelta di classe.. Tutto ciò maschera e copre il fatto che chiunque ha di mira la «salute dell’anima» e la felicità nell’ »altro mondo», chiunque inoltre misura il valore dell’uomo confrontandolo con dio, tradisce l’uomo e il suo diritto alla felicità e alla giustizia in questo mondo e oggettivamente il gioco della conservazione.

Se l’unione di proletari marxisti e proletari cattolici in Italia è utile per il movimento operaio, certo questo non potrà avvenire sotto la forma di incontro tra cattolicesimo e marxismo, ma solo mediante l’adesione dei singoli cattolici alle formazioni politiche della sinistra. Questa tesi, anche se le intenzioni degli autori del film erano altre, viene ulteriormente ribadita da Un prete scomodo il don Milani di Tosini ha capito che si può essere dalla parte degli «sfruttati» (certo non da quella dei proletari che si liberano dallo sfruttamento) ed essere contemporaneamente contro il movimento operaio organizzato in formazioni politiche marxiste.

Il Milani di Tosini ha capito inoltre, molto più chiaramente di molti di quelli che sono da lui considerati «rossi» e perciò «nemici», che in queste cose i «compromessi» sono appunto compromessi, cioè sono rinunce a principi che non si possono abbandonare senza abbandonare la classe.

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