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di Andrei Konchalovsky

(The Artist) REGIA: Michel Hazanavicius. SCENEGGIATURA: Michel Hazanavicius. INTERPRETI: Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell. FOTOGRAFIA: Guillaume Schiffman (Formato: Normale/Bianco e Nero). MUSICA: Ludovic Bource. PRODUZIONE: La Petite Reine, Studio 37, La Classe Américaine, Jd Prod, France3 Cinéma, Jouror Production, Ufilms. DISTRIBUZIONE: BIM. GENERE: Commedia. ORIGINE: Francia. ANNO: 2011. DURATA: 100’. – (Junior Cinema: Young)

Hollywood, 1927. George Valentin è una star del cinema muto che si trova ad affrontare il proprio declino artistico a causa dell’avvento del sonoro. Al contrario, Peppy Miller, una giovane comparsa, sta per diventare una diva. La fama, l’orgoglio e i soldi ostacoleranno la loro storia d’amore….Un film in bianco e nero e completamente muto: la scommessa non poteva essere più rischiosa eppure Michel Hazanavicius l’ha vinta a mani basse. La storia di The Artist è di quelle che rassicurano il pubblico (ascesa e caduta di un divo del muto ma con riscatto e lieto fine incluso), a ricordarci che il cinema che regala sogni e non incubi ha ancora i suoi fan. Ma la particolarità del film sta tutta nel modo con cui il racconto è stato affrontato.

Girato come un vero film muto, con il formato così detto “normale” (1:1,33, come era in uso fino al 1956) e le didascalie per spiegare i dialoghi, fotografato in un raffinato bianco e nero d’epoca, il film gioca con l’immaginario di Hollywood dove tutti i produttori sono grassi e fumano sigari giganteschi e racconta il momento cruciale del passaggio dal muto al sonoro: il vecchio divo (Jean Dujardin) non vi si adegua mentre la giovane comparsa sì (Bérénice Bejo), condannando all’oblio il primo e al successo la seconda. Ma il piacere del film non è tanto nel seguire la storia quanto nel modo in cui il regista gioca con gli ostacoli che gli derivano dal girare un film senza parole e che trovano nel sogno del protagonista (ogni cosa fa rumore ma lui non riesce a emettere un suono) il suo momento più esilarante e indovinato. La platea, superati i primi cinque minuti (necessari per prendere le misure, ‘sintonizzarsi’ sulla preistoria del cinema, abituarsi ai mancati dialoghi) si distende e capisce che le possibilità emotive delle immagini sono infinite, anche se guardano indietro, invece che al domani tecnologico.

* Ci sono film fatti con tanta minuziosa passione che non sembrano frutto del lavoro di un autore e nemmeno dei suoi collaboratori, ma di tutti coloro che diedero forma, in origine, al mondo rievocato e, forse, di tutti gli spettatori che hanno tenuto in vita quel mondo esistito solo al cinema per pochi decenni, ma ancora vivo nella nostra memoria, dunque, in certo modo, più vero del vero. È il caso di questo film, osannato dalla migliore platea che potesse augurarsi un lavoro simile. Una tribù cosmopolita di cinefili pronti a andare in estasi per ogni dettaglio di questo film muto fatto proprio come ai tempi del muto, dalle luci ai costumi, dai titoli di testa al gioco delle inquadrature, dalla magistrale colonna sonora al linguaggio del corpo e ai mille prestiti e citazioni con cui Hazanavicius e i suoi portentosi protagonisti danno vita a personaggi e intreccio. Per questo, The Artist è il trionfo della citazione colta e popolare al tempo stesso, è un gioco di ‘cinema nel cinema’ raffinatissimo. Giocato sui registri del mélo e della commedia musicale, ma con un’ironia di fondo che lo rende di fatto una commedia vera e propria, The Artist è un curioso esperimento di stile in cui la cinefilia non deborda e permette al film di essere godibile e di poterlo utilizzare per un discorso ad ampio raggio sul cinema, la sua essenza e le sue origini e anche per verificare come, pur essendo cambiato tecnicamente, il linguaggio cinematografico mantenga ancora oggi la stessa impostazione ricevuta ai suoi esordi.

CLASSIFICAZIONE FILM: YoungTipologia Utilizzo: GENERALE

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