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La difficile gestione delle passioni che nascono
in un ambiguo romanzo di formazione

Elio, di famiglia ebrea e figlio di uno studioso di archeologia, è un giovane irrequieto che a quanto pare non abbonda di punti di riferimento. L’arrivo di Oliver, studente americano che collaborerà con suo padre, gli fa scoccare una scintilla di passione. Contemporaneamente ha una relazione con Marzia, che però sembra più che altro un divertimento in forma di tentativo. D’altronde anche il legame con Oliver sarà forzatamente interrotto dal ritorno del giovane negli Stati Uniti, dove poi si sposerà.

Ispirandosi al romanzo di André Aciman e potendo contare su una sceneggiatura di James Ivory, Luca Guadagnino prosegue nella sua ricerca sulle passioni (vissute, sognate, negate e quant’altro) con Chiamami col tuo nome. E a quanto pare ottiene un lusinghiero successo critico all’estero cui seguono quattro nomination all’Oscar e due ai Golden Globes. Può darsi che gli stranieri (soprattutto gli americani) vedano più lontano o meglio di noi, che continuiamo a pensare che è difficile definire un maestro l’autore di Io sono l’amore e A Bigger Splash. L’impressione, pienamente confermata da questo film, è quella di un autore estetizzante, che si compiace di ambienti, naturali e non, assai più che dei personaggi che vi si muovono, che deve molto a Luchino Visconti, forse qualcosa anche ai fratelli Taviani (senza per questo rubacchiare, ma dimostrandosi un buon assimilatore) e che punta più spesso di quanto vorrebbe alla provocazione nei confronti di un pubblico allo stesso tempo intellettuale e disposto alla trasgressione. Detto questo, non si può negare che Chiamami col mio nome, che conferma i suddetti difetti, non aggiusti un po’ il tiro sulla trasgressione. Se vogliamo prendere per buone le parole dell’autore, non si tratterebbe di un film gay, ma della storia di una crescita (che una volta si chiamava romanzo di formazione).

Una situazione come quella adombrata nel film potrebbe portare a un grave dissesto emotivo accompagnato da sensi di colpa e un’autocommiserazione nefasti. Assume in questo senso un’importanza fondamentale il personaggio del padre, che sa e non condanna, contravvenendo al proprio ruolo (come di tutti gli altri personaggi, al di fuori di Elio e Oliver) di semplice elemento dello sfondo senza profondità. Entrando (deus ex machina?) nella storia, prega il figlio di non calpestare o annientare alcuno dei suoi sentimenti (passione, dolore, emozione, angoscia) per non ritrovarsi quando avrà trent’anni ad essere inaridito dentro e incapace di dare una voce al proprio cuore. Ecco, se da una parte ci piace l’atteggiamento paterno che capisce la situazione del figlio e, a quanto pare sinceramente, dichiara di invidiarlo proprio perché una cosa così a lui non è mai toccata, dall’altra solleviamo qualche dubbio sul sottotesto che porta a concludere che dare via libera a una passione, qualunque essa sia, è sempre meglio che soffermarsi a riflettere e cercare di guardarsi dentro per davvero. Intorno a questa difficile gestione di passioni, Guadagnino allestisce uno scenario sontuoso che va dalle architetture della casa di famiglia ai boschi e ai laghi di “qualche posto nell’Italia del Nord” e che molto più degli altri personaggi hanno parte nella vicenda narrata. Poi, qua e là, si intravedono tracce di Rohmer (altro maestro venerato da Guadagnino) con le sue storie di adolescenti in fiore, senza che questo si trasformi mai in omaggio fine a se stesso. E alla fine ci si ritrova un film sicuramente troppo lungo che, senza perdere tempo con i troppi personaggi, ne spende molto nella ricerca ambientale e nel suo ruolo essenziale nella vicenda. Armie Hammer (che è stato anche Superman) non sembra interamente a proprio agio nei panni di Oliver, mentre Timothée Chalamet è un Elio ricco di sfumature che con la sua sola presenza è in grado di evocare certi ribelli della nouvelle vague. Non ce ne vogliate: ci teniamo i nostri dubbi e attendiamo che Guadagnino li confermi o li smentisca nel prosieguo della sua carriera.

di Francesco Mininni

CHIAMAMI COL TUO NOME (Call Me By Your Name) di Luca Guadagnino. Con Armie Hammer, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, Esther Garrel. I/F/USA/BR 2017; Drammatico; Colore

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