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Father and son

I legami del sangue e i legami del cuore non sono sempre percorsi obbligati

I Nonomiya, Ryota e Midori, sembrano una famiglia felice. Sono benestanti, hanno un figlio, Keita, che amano e che fa il possibile per rispondere alle loro esigenze. Ma un giorno sono convocati dall’ospedale in cui Midori partorì e informati che ci fu uno scambio di neonati. Il loro figlio naturale vive con la famiglia Saiki, di estrazione popolare. La reazione di Ryota è quasi brutale, soprattutto nel rendersi conto del perché il figlio non mostrava alcuna affinità con il suo carattere e le sue ansie di successo. I Saiki, invece, soffrono in maniera molto diversa, senza rinunciare mai al sorriso e mostrando un’adattabilità che ad occhi esterni potrebbe risultare addirittura irritante. E’ ovvio che la prima decisione, a quanto pare condivisa, sia quella di scambiarsi i figli. Ma sia i Nonomiya che i Saiki dovranno prendere atto del fatto che le ragioni del sangue e quelle del cuore non sempre coincidono.

Lo scambio di neonati è probabilmente una storia vecchia come il mondo, anche se utilizzata più spesso nell’ambito della commedia degli equivoci che in quello del dramma esistenziale. Anche il recente “Il figlio dell’altra” di Lorraine Levy, in cui lo scambio avveniva tra una famiglia israeliana e una palestinese, non riusciva ad abbracciare il dramma fino in fondo nell’urgenza di una soluzione positiva. Anche per questo motivo giunge a proposito “Father and Son” del giapponese Hirokazu Kore-eda. L’autore non si rende la vita facile e soprattutto rischia molto lavorando sugli stereotipi e rappresentando le due famiglie inquadrate in ceti sociali molto diversi, con atmosfere familiari praticamente opposte, quindi con problemi commisurati ai caratteri dei capifamiglia e con diverse capacità di accettazione e reazione. Rischia, così facendo, di far scivolare il film ora nella commedia involontaria, ora nel dramma lacrimevole, ora nello schematismo. Tuttavia, pur assumendosi tutti questi rischi, ne esce assolutamente vincitore perché, invece di lasciarsi travolgere dalle trappole del racconto, le riconosce, le evita e utilizza tutto quanto per arrivare a un risultato di credibile verità. Anzi, Hirokazu ha la grande capacità di tenere sotto controllo lo stereotipo e di condurre i personaggi e lo spettatore verso una soluzione che, pur essendo tutt’altro che facile, non può che essere condivisa. Il che conduce anche a un’appendice di ordine sociale perché, nel momento in cui le famiglie si ricompongono allo stato originario, risulta evidente che la loro frequentazione sarà assidua e sinceramente amichevole. Come dire che la barriera sociale che divide Nonomiya e Saiki sarà abbattuta dall’inarrestabile forza dell’amore. E’ ovvio che in questo percorso il cambiamento più radicale sarà richiesto a Ryota Nonomiya, prima duro e maldisposto a cedere su qualunque punto, poi rancoroso nei confronti della moglie, quindi portato ad osservare i Saiki da un’altezza del tutto ingiustificata e infine improvvisamente consapevole dei propri errori e di quanto diritti e doveri si pareggino su ogni sponda in nome del bene dei figli e della loro felicità. Ma soprattutto consapevole che un conto sono le aspettative che una persona può avere per un figlio, un conto è il figlio come persona individuale. Così, forse, anche lui riuscirà ad essere veramente padre e marito abbandonando (ogni tanto) l’aridità dell’uomo di successo. In questo senso “Father and Son” non ci parla soltanto di un caso umano, ma anche del Giappone, della sua rigidità sociale e, una volta di più, di tutta la distanza che separa la tradizione e il cambiamento. Commovente senza ricatti sentimentali nei confronti del pubblico, il film coinvolge ed appassiona soprattutto perché l’elemento Giappone finisce per non essere così vincolante e perché Hirokazu riesce a rendere la tematica universale. Lo aiutano gli attori: soprattutto Masaharu Fukuyama, che sottolinea ogni passaggio del personaggio di Ryota con alternanza di rabbia e moderazione e fa capire come sia proprio il suo personaggio l’asse portante dell’intero film. Tanto vero che il titolo originale del film, “Soshite Chichi Ni Naru”, significa più o meno “Diventare padre”: Yudai Saiki (Lily Franky) lo è già, Ryota Nonomiya ha molta strada da fare.

Francesco Mininni

FATHER AND SON (Soshite Chichi Ni Naru) di Hirokazu Kore-eda. Con Masaharu Fukuyama, Lily Franky, Yôko Maki, Jun Kunimura, Machiko Ono, Kirin Kiki. GIAPPONE 2013; Drammatico; Colore

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