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” ONE SECOND ” In «One Second» il regista cinese Zhang Yimou torna a raccontare la sua terra attraverso un immenso atto d’amore verso il cinema

di Lorenzo Pierazzi

Il tempo di un secondo può diventare uno spazio infinito

Siamo nel 1975, nella provincia cinese, e Jiusheng Zhang (Zhang Yi) è fuggito da un campo di lavoro. È alla ricerca di un cinema dove poter assistere alla proiezione del Cinegiornale n.22 che mostra per un istante la figlia che non vede da anni. Purtroppo, durante il suo peregrinaggio, l’uomo assiste al furto della pizza che contiene l’inestimabile frammento. L’autore del gesto è Liu Guinu (Liu Haocun), una giovane orfana (le servono 12 metri di pellicola per un paralume) che da quel momento innescherà una serie di avventurosi accadimenti.

Il cinese Zhang Yimou racconta questa vicenda in One Second, appunto un secondo, ovvero la porzione di film che Jiusheng deve assolutamente vedere. L’opera del regista di Lanterne rosse ci riporta al clima che si respirava all’epoca della rivoluzione culturale, ma rappresenta soprattutto un atto d’amore verso il cinema, raccontato attraverso un esercizio di stile che ci riporta alla consapevolezza e all’attenzione meditativa. In un mondo che oggi è tecnologicamente evoluto, dove le storie per immagini in movimento, all’insegna dell’usa e getta, si possono seguire anche distrattamente su ogni formato di riproduttore, Yimou ci ricorda che un tempo antico cinema significava un telo bianco da stendere con cura e un apparato di riproduzione da collaudare meticolosamente.

Gesti semplici, ma solenni, che precedevano l’inizio di un rito collettivo che si celebrava in una sala cinematografica dove Mr. Film (così è chiamato il proiezionista di One Second) apriva allo spettatore le porte di mondi fantastici. Inondata da un fascio di luce, l’emozione scorreva su una striscia di celluloide da 24 fotogrammi al secondo, talmente preziosa che, quando la pellicola ricercata da Jiusheng verrà profanata e graffiata dalla polvere del deserto, un intero villaggio la raccoglierà e l’accudirà, come avvolta in un sudario, per ripulirla con estrema attenzione. Assistere oggi a questa ritualità (nel 2019, mentre Yimou girava il film certo non poteva saperlo) diventa anche una potente metafora di cosa ha significato, nel maggio scorso, ripulire le pellicole e riaprire le sale cinematografiche. Ed ecco che con One Second, Yimou ci restituisce un compendio per immagini sui mestieri del cinema, mostrandoci i dettagli del proiettore, i suoi affascinanti ingranaggi, i rischi d’incendio a cui andava incontro il fragilissimo supporto, gli attrezzi necessari per tagliare o attaccare le porzioni di pellicola. One Second è anche il racconto della potenza del cinema che nel Novecento si fa educazione delle masse. Come non andare con la memoria alle tante sale parrocchiali che si sono diffuse nel secolo scorso, ma anche a quanto ne hanno approfittato, prima dell’avvento della televisione, i governi totalitari. Perché, in un gioco di rimandi tra realtà e finzione (il film nel film a cui assistono gli abitanti del villaggio è Heroic Sons and Daughters realizzato da Wu Zhaodi nel 1964), One Second è anche una storia di regime nel regime, considerando che è ambientato all’epoca di Mao Tse-tung e che, già pronto per essere presentato alla Berlinale, ha dovuto fermarsi per subire le attenzioni della censura. Che comunque non è riuscita a impedirne l’uscita nelle sale cinematografiche e la sua riproduzione all’infinito. Come accadrà al Cinegiornale n.22 che, grazie all’artificio del loop (precursore del moderno on demand), verrà proiettato a Jiusheng tutte le volte che vorrà. Trasformando un secondo, la frazione di tempo più breve, in un’emozione infinita.

ONE SECOND di Zhang Yimou. Con Zhang Yi, Liu Haocun, Fan Wei Produzione: Huanxi Media Group; Distribuzione: Fenix Entertainment, Europictures; Cina, Hong Kong, 2020 Drammatico; Colore Durata 1h 44min

Fonte: Toscana Oggi, edizione del 26/12/2021

 

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