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Silence

Una ricerca di Dio che potrebbe non aver mai fine:
Scorsese, la fede, i dubbi, la luce e le ombre

Nel 1633 i giovani padri gesuiti Rodrigues e Garupe, non potendo credere che il loro maestro padre Ferreira, missionario in Giappone, abbia abiurato, chiedono e ottengono di andare a cercare lui e la verità. Scopriranno ben presto che il Giappone è un altro mondo e, costretti a vivere in clandestinità, porteranno conforto ai cristiani locali perseguitati dalle autorità e soprattutto dall’inquisitore Inoue Masashige. La loro guida sarà Kichijiro, un uomo comune pronto a rinnegare la fede per poi precipitarsi a chiedere l’assoluzione. Separatisi, seguono strade diverse. Padre Garupe morirà martire cercando di salvare fedeli locali, mentre padre Rodrigues si troverà faccia a faccia con l’inquisitore e poi con Ferreira, che effettivamente ha svestito i panni del gesuita, preso moglie e abbracciato la fede locale. Rodrigues si troverà di fronte alla medesima scelta.

Che Martin Scorsese abbia dovuto attendere trent’anni per realizzare “Silence”, tratto dal libro di Shūsaku Endō, giapponese di religione cristiana, non può essere soltanto legato alle molteplici difficoltà produttive. Dice l’autore stesso che, riflettendo in periodi successivi, non si sentiva ancora pronto per l’impresa. Il prodotto finito ne dà un’idea molto precisa. “Silence” può essere un kolossal dal punto di vista dell’impegno economico, della perfezione delle location, delle scenografie di Dante Ferretti, persino del minutaggio (161′). Ma il kolossal si ferma qui. Tutto il resto è ricerca di Dio, scontro di civiltà, puntiglio nel mettere una di fronte all’altra due idee molto diverse dell’esistenza, onestà nel rappresentare con chiarezza la differenza dei punti di vista, umiltà nel non pretendere di dare risposte definitive. Proprio per questo “Silence” finirà per non piacere al pubblico dei kolossal. Si tratta di un film che richiede una visione consapevole, una disposizione al confronto, una grande pazienza nel comprendere e accettare che i tempi del racconto siano gli stessi nei quali si dibatte il tormento di un’anima, un buon senso basilare nell’ammettere che una verità assoluta possa non esserlo per tutti. Alla fine ne esce un film ricchissimo e pieno di fermenti, capace di mettere in scena senza contraddizione fede e apostasia, molto saggio nel lasciare aperte le strade giuste e soprattutto rigoroso nella volontà di astenersi da giudizi definitivi sugli atteggiamenti, le scelte e i punti d’arrivo. Dal nostro punto di vista (che non è una verità assoluta) un capolavoro.

E’ evidente che “Silence” (il silenzio di Dio, ovvero l’incapacità dell’orecchio umano di ascoltarlo) vive della rappresentazione di contraddizioni, dubbi e contrasti interiori che, senza spingersi a limiti estremi come nel Giappone del XVII secolo, appartengono alla storia dell’umanità in ogni tempo. E sembra anche evidente che, senza avere la minima intenzione di mettere punti fermi o giudizi definitivi, Scorsese riesca a calarsi perfettamente nella mentalità di Endō, cioè un giapponese convertito che conosce la realtà locale e la fede venuta dall’Occidente. Così l’inquisitore non è un mostro, Ferreira non è un traditore a tutto tondo, Rodrigues allo stesso modo si trova costretto ad abiurare ma poi muore con la croce in mano. A queste cose ognuno risponderà con i propri mezzi e la propria esperienza, cercando di non commettere l’errore di affermare “Io avrei fatto…”. Senza andare tanto lontano, a noi bastano i dubbi di Tommaso e il rinnegamento di Pietro per avere esempi di problematiche reali e durissime. Di certo Scorsese mette in chiaro alcuni punti: da una parte l’idea di missione associata a quella di colonialismo, dall’altra la fede dei piccoli (in questo caso i contadini) che vedono il Paradiso come la risposta alle miserie quotidiane. E infine il Giappone, dove la parola Dio si traduce come “sole”. Così, se il nostro è risorto il terzo giorno, il loro rinasce ogni mattina. E le parole di Gesù sono difficili da accettare, ma alla fine chiariscono la portata dell’apostasia: “Calpestami. Sono venuto al mondo per essere calpestato dagli uomini”. Anche questo è amore.

di Francesco Mininni

SILENCE (Id.) di Martin Scorsese. Con Andrew Garfield, Adam Driver, Liam Neeson, Issei Ogata, Yôsuke Kubozuka, Ciarán Hinds. USA 2016; Drammatico; Colore

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