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UNA CANZONE PER MARION

di Paul Andrew Williams 

(Song for Marion) REGIA: Paul Andrew Williams. SCENEGGIATURA: Paul Andrew Williams. INTERPRETI:  Terence Stamp, Vanessa Redgrave, Gemma Arterton, Christopher Eccleston, Orla Hill, Anne Reid, Bill Thomas. FOTOGRAFIA: Carlos Catalan (Formato: Cinemascope/Colore).  MUSICA: Laura Rossi. PRODUZIONE: Ken Marshall, Philip Moross. DISTRIBUZIONE: Lucky Red. GENERE: Drammatico. ORIGINE: Gran Bretagna. ANNO: 2013.  DURATA: 93’.

Alla periferia di Londra, Marion fa parte da tempo di un coro amatoriale insieme ad anziani del quartiere. Arthur, il marito, l’accompagna ad ogni prova e aspetta fuori per riportarla a casa. Marion infatti si muove con la sedia a rotelle, non sempre ma con frequenza. La malattia che la sta consumando la obbliga ad una assistenza continua. Scontroso di carattere, Arthur si dedica completamente alla moglie, serio, riservato e in realtà innamoratissimo. Quando Marion muore, l’uomo cade in un profondo dolore dal quale riesce a sollevarsi solo in seguito alla decisione di avvicinarsi all’attività del coro e a sostuirsi all’amata Marion. A sostenerlo c’è Elizabeth, la direttrice, ragazza piena di entusiasmo, che lo convince a partecipare ad un competizione con altri cori della Regione. Nel frattempo, Arthur riesce con grande fatica e superando non pochi pudori a riavvicinarsi al figlio James, con cui i rapporti sono da sempre difficili e ostili… La struttura del film di Paul Andrew Williams è molto semplice e lineare, in alcuni punti anche  prevedibile. Una canzone per Marion ha però una sceneggiatura così ricca di particolari e accortezze che arricchiscono il tutto sia dal punto di vista contenutistico che visivo. L’autore dirige e scrive una storia in realtà molto profonda e per certi versi emozionante: chi sa apprezzare i piccoli particolari amerà il film in tutte le sue sfaccettature. La vicenda dei due coniugi e di Elizabeth è raccontata da Williams con pochi “giri di parole”, con sequenze asciutte e accadimenti diretti: forse solo nel finale la mano dell’autore si allenta un po’, ma per tutto il resto del tempo il livello della nostra attenzione è alto e scoprire cosa accade ai protagonisti è veramente un piacere. Una fotografia dai colori tenui e dalle luci morbide accompagna una recitazione di alta qualità che conferisce ai personaggi quel tanto che basta per farli rimanere nella nostra memoria.

* “In parte il copione -dice Paul Andrew Williams- fa riferimento al rapporto tra mio nonno e mia nonna, all’ amore e al senso del dovere che la loro generazione esprimeva. Quando mia nonna si è ammalata di cancro, lui l’ha curata, le è stato accanto, l’ha sostenuta in tutti i modi possibili”. Proprio lungo questa linea si muove il racconto, che con encomiabile coraggio entra subito nell’argomento (la malattia terminale) e vi si muove con tipico spirito anglosassone: quell’atteggiamento fatto di dolore contenuto e di capacità di reazione di fronte alla bellezza delle cose da fare, dell’amicizia, di una spinta a reagire, a creare, a costruire ancora futuro. Per quasi tutto il percorso il regista ha il merito di osservare quasi con pudore i fatti e di farci assistere alla dolce/amara commistione tra felicità e tristezza, tra pieno e vuoto, tra slanci di vita e brividi di morte. Il tutto sempre con una misura e una verità, se non autentici, di certo commoventi. Un film valido, vivace, denso di sensazioni pulsanti ed emozionanti, ben confezionato su argomenti di stretta attualità.

 

 

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