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DON MILANI L ‘ Avanti 1_5_76 S.P.

Don Milani non ha davvero fortuna col cinema. A qual­che mese di distanza dal film con Enrico Maria Salerno, che del prete fiorentino dava un ritratto patetico e sbagliato, ecco arrivare sugli schermi questo lavoro di Ivan Angeli (fattore, documentarista, regi­sta teatrale, qui al suo esor­dio nel lungometraggio a sog­getto), più serio nelle inten­zioni, più meditato nell’elaborazione, ma altrettanto discu­tibile, nei risultati.

Sul piano del merito, innan­zitutto non si può dire che l’immagine di Don Milani, co­si come emerge dal film, sia falsa; ma certamente essa è ben lungi dal cogliere la ric­chezza e la complessità dell’ uomo e della sua esperienza politica, morale e culturale. In particolare, volendo sottolineare le straordinarie aper­ture della pratica pastorale ed educativa di Don Milani, il regista elude quello che, nel priore di Barbiana, era l’altro aspetto della sua contraddizio­ne (una contraddizione attiva, beninteso, viva e palpitante), e cioè un certo integralismo religioso di stampo quasi cal­vinista (donde derivava a Don Milani quel suo carattere aspro e polemico che Torricella non riesce ad eviden­ziare).

Quanto alle scelte linguistico-espressive, va detto che « Don Milani » è un film programmaticamente povero Ma in questo cavo povertà è si­nonimi dì piattezza espressi­vo.  Solo raccontare la vita di don Milani ma anche esporne le idee. An­geli aveva certamente un mo­dello a cui ispirarsi, ed era il cinema « dialogico » dell’ul­timo Rossellini. Ha preferito invece adottare tecniche nar­rativo più convenzionali (per altro non ben padroneggiate), con un risultato banale e poco accattivante.

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