“CLOSE”, un intenso racconto di formazione
Di Marco Vanelli
Ebbi allora un amico; a lui scrivevo / lunghe lettere come a una sposa. […] / Dolci e saggi consigli io gli porgevo, / e doni a tanta amicizia amorosa»: questi versi autobiografici di Umberto Saba sono una perfetta introduzione alla vicenda e al tema del film Close che tratta proprio di un’amicizia amorosa fra due tredicenni, Léo e Rémi, vissuta con reciprocità di affetto e purezza di sentimento alle soglie del passaggio alle scuole superiori. Il regista sa trasportarci con delicatezza nel mondo fantastico dei due amici, fatto di immaginazione condivisa e voglia di vivere la bellezza della loro preadolescenza spensierata, come quando si rincorrono nei campi dove la famiglia di Léo coltiva fiori o si scambiano impressioni, scherzi, segreti, racconti anche nella condivisione della camera da letto, nella prossimità fisica e negli abbracci che non hanno nulla di sottinteso o di morboso. Nella nuova scuola si ritrovano nella stessa classe, dove la loro confidenza e la loro complicità vengono subito notate e stigmatizzate dagli altri compagni, maschi e femmine, pronti a insospettirsi per un atteggiamento che, ai loro occhi, deve necessariamente essere catalogato come attrazione fisica. A poco valgono le precisazioni dei due, soprattutto di Léo che prova a spiegare la natura fraterna del loro rapporto a chi fa sfoggio di tolleranza e continua a ripetergli che se stanno insieme per loro è ok, che forse si piacciono ma non se ne rendono conto, che è inutile negare, ecc.
Questo impatto con il mondo esterno comincia a incrinare l’amicizia: Rémi si comporta come sempre, mentre Léo teme di essere bollato come gay, di essere escluso dal gruppo classe, di essere diverso. Perciò comincia a staccarsi, a frequentare da solo altri compagni, a praticare l’hockey su ghiaccio, a trovare scuse per non vedersi. Rémi non ci sta, e i due arriveranno a fare a botte davanti alla scolaresca. Di fatto il film è un racconto di formazione per il solo Léo, che nel giro di un anno fa i conti con la complessità dell’animo umano, dall’ipocrisia alla sofferenza più lancinante quando l’ex amico si toglie la vita non reggendo al tradimento. Il regista belga Lukas Dhont (al suo attivo ha anche l’altrettanto problematico Girl del 2018) sembra riprendere la lezione dei fratelli Dardenne e sta addosso a Léo con la macchina da presa sì da pedinarlo a vista e scrutarne tutte le reazioni emotive e sentimentali in primi e primissimi piani. Il suo percorso passa per la negazione della realtà, il bisogno di affetto, il senso di colpa, l’incapacità di confidarsi, il tentativo maldestro di superare il dolore interiore con il dolore fisico durante gli allenamenti, e un inconscio bisogno dielaborare il lutto riavvicinandosi alla mamma di Rémi confessandole la propria responsabilità nell’accaduto.
Durante il funerale non ci è detto quale rito venga praticato, ma la voce di chi officia sottolinea la ciclicità della vita, delle stagioni, della natura: all’interno di questo flusso circolare va letta anche la discontinuità della morte. E anche il film segue quel monito: alla fine rivediamo i campi fioriti, Léo che corre avanti da solo, ma si volta anche indietro: sta imparando a fare i conti con il passato, il perbenismo, il conformismo da cui pure lui è stato ferito.
E allora, per chiosare questo spaccato di psicologia maschile, retto da interpreti in stato di grazia cui si può imputare solo una leggera insistenza sulla commozione, torniamo alle parole di Umberto Saba che in una sua Scorciatoia annota: «I ragazzi sidanno i pugni per non accarezzarsi. E, qualche volta, si accarezzano per non darsi i pugni».
CLOSE Regia: Lukas Dhont; sceneggiatura: L. Dhont e Angelo Tussens; fotografia (colore): Frank van den Eeden; musica: Valentin Hadjadj; interpreti: Eden Dambrine, Gustav De Waele, Emilie Dequenne; formato: 1,66:1; origine: Belgio/Francia/Paesi Bassi 2022; durata: 104 min.
Fonte: Toscana Oggi, edizione del 29/01/2023