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La spia

John Le Carré e le sue malinconie:
un’altra spia sul viale del tramonto

Ad Amburgo l’arrivo di Yssa Karpov mette in allarme polizia, servizi segreti tedeschi e americani, alte sfere a tutti i livelli. Karpov è un russo/ceceno convertito all’Islam e tanto basta per evocare i fantasmi dell’11 settembre. Così, mentre polizia e servizi segreti “ufficiali” puntano ad arrestarlo il prima possibile per scongiurare il rischio di attentati o quant’altro, Günther Bachmann, allontanato dai piani alti dopo l’11 settembre, indaga più a fondo. Pensa infatti che Yssa sia un poveraccio tramite il quale si potrebbe arrivare a qualcuno più importante e pericoloso. E pensa bene: Yssa è un idealista che è venuto ad Amburgo per ricevere l’eredità del padre ma che, consapevole delle azioni paterne, è seriamente intenzionato a rifiutare il denaro. Oppure, come Bachmann preferirebbe, a destinarlo a qualche consistente opera di beneficenza per intervento diretto di Faisal Abdullah, un’autorità islamica in Germania. Da qui parole, promesse, richieste di tempo, necessità di fidarsi di qualcuno inaffidabile. Praticamente, l’ennesima sconfitta in nome di un volere superiore.

Non si scopre niente di nuovo dicendo che John Le Carré, ex-agente del Secret Intelligence Service britannico e autore di alcuni dei romanzi di spionaggio più venduti al mondo, scrive sempre storie di sconfitte, di mesti tramonti, di personaggi a loro modo idealisti ma destinati a soccombere alla ragion di stato. Quindi non storie di spionaggio tutte azione e spettacolari colpi di scena, ma indagini psicologiche, sociali, persino antropologiche, dove il colpo di scena è probabilmente prevedibile e serve comunque a ribadire che il margine di successo equivaleva a zero. La premessa è utile per un film, “La spia”, che aggiunge poco alla casistica cinematografica del genere ma merita comunque di essere ricordata per l’interpretazione di Philip Seymour Hoffman, un talento naturale notevolissimo che se n’è andato troppo presto.

Non costruito esattamente come un thriller, “La spia” soffre di una certa indecisione di percorso. Un po’ spy story, un po’ dramma psicologico, un po’ tiro al bersaglio sulle istituzioni, con qualche improbabile derivazione sentimentale, senza che tutto questo riesca a fondersi in qualcosa di omogeneo. Il regista Anton Corbijn, più noto per videoclip e cortometraggi musicali, non sembra avere la personalità necessaria per assemblare il materiale a disposizione. Si potrebbe dire, pertanto, che l’andamento del film è prevedibile, che i colpi di scena non sono tali, che alcuni personaggi vivono come personaggi di un romanzo e non come persone vere, che ci troviamo di fronte più a materiale d’archivio che a un tentativo di andare oltre il già visto. Se non che bisogna anche fare i conti con il cast dei protagonisti. Niente di particolare sul versante femminile, dove Rachel McAdams (l’avvocato che aiuta Yssa) e Robin Wright (un capo della Cia) hanno poche possibilità di uscire dalla figurina di repertorio. Sul versante maschile, invece, troviamo Willem Dafoe (il banchiere Brue) capace di far ben comprendere il passaggio dalla perplessità al ripensamento, Grigory Dobrygin (Yssa Karpov) in bilico tra sospetti preconcetti e verità dei fatti, e Philip Seymour Hoffman. Il suo Günther Bachmann è la perfetta incarnazione del personaggio più amato e frequentato da John Le Carré: cinico e romantico, intelligente e manovrabile, intuitivo e perdente, illuso sul fatto che per una volta potrebbe andare diversamente, comunque avviato a grandi passi sul viale del tramonto. Hoffman esprime tutto questo con pochissime espressioni, affidando il resto al movimento del corpo e a dettagli come uno sbattere di ciglia, uno sguardo incrociato, un’alzata di spalle che tornano subito a curvarsi sotto il peso della realtà. Se c’è un motivo per ricordare “La spia” è proprio lui. Quel finale con Bachmann che scende dalla Mercedes e se ne va a piedi potrebbe essere un epitaffio.

LA SPIA (A Most Wanted Man) di Anton Corbijn. Con Philip Seymour Hoffman, Rachel McAdams, Willem Dafoe, Robin Wright, Grigory Dobrygin. USA/D/GB 2014; Spionaggio; Colore

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