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Il bacio della cavalletta - Film (2025) - MYmovies.it“IL BACIO DELLA CAVALLETTA”  fare i conti con i propri mostri

L’opera seconda del regista azero Elmar Imanov possiede un fascino visionario e tocca temi spirituali

Diciamolo subito: si tratta di un film di non facile fruizione, a volte ostico. Ma è anche un film coraggioso, che parla di interiorità e ce la mostra con il linguaggio proprio dell’inconscio, fatto di simboli, allusioni, sensazioni disturbanti ma anche liberanti. In ogni modo è un film che crede nella possibilità di redenzione, di riscatto da una vita senza prospettive in una collettività che sembra aver perduto ogni speranza. Proviamo a raccapezzarci.

Bernard è uno scrittore di mezza età che vive in un bell’appartamento assieme a una pecora come animale domestico. Riceve da un editore l’incarico di scrivere qualcosa che possa risvegliare la gente dal torpore in cui la vediamo ristagnare nelle scene in metropolitana: tutti vestiti di grigio, inespressivi, inerti. Secondo l’editore (che nonostante le buone intenzioni, farà scelte non conseguenti) ciò avviene perché sono convinti di dover essere forzatamente felici e non sanno più affrontare la tristezza.

Nel mentre Bernard vive un rapporto difficile con il proprio padre, Carlos, un uomo in apparenza anaffettivo, sfuggente come una cavalletta, e ha una relazione altrettanto difficoltosa con Agata, insoddisfatta del loro rapporto. Quando a Carlos viene diagnosticato un tumore al cervello, tutto precipita per Bernard, ma è anche l’occasione per una rinascita.

Questa, più o meno, è la trama, ma il film è composto da blocchi contrapposti, da sequenze che possono collocarsi su un piano strettamente onirico, fantastico o realistico senza distinzioni. Vediamo alcuni momenti chiave. La prima scena ci fa vedere Bernard che affonda lentamente in una piscina (in tutto il racconto prevalgono le ambientazioni sottostanti); l’ultima ce lo mostra in mare aperto, sott’acqua, vicino ad un cetaceo solitario che emette una sorta di canto. Gli animali punteggiano la storia: la cavalletta gigante che ogni tanto appare come essere mostruoso e inquietante; gli uccelli che si suicidano; altri uccelli che disturbano gli umani con i loro versi; la pecora rassicurante in casa; il cetaceo canterino che prenderà simbolicamente il posto paterno della cavalletta.

Carlos si rivela meno asociale di quanto sembri: consapevole del male che ha, viene come percorso da alcune gocce d’acqua che attraversano il suo corpo per andare a confluire in un tombino dove fanno sbocciare un bellissimo fiore.

Inoltre: Bernard che non riesce a togliersi il fango di dosso. Oppure è da solo e sente dei lamenti al di là del suo appartamento, va a vedere e scopre un ambiente vecchio stile dove un’anziana obesa è paralizzata nel letto. Il figlio premuroso che la cura si chiama Carlos: forse è il padre da giovane? forse è un angelo? Ora assistiamo a una sequenza che da sola vale il prezzo del biglietto: nell’offrire a Bernard dei dolci, il giovane Carlos fa il giro della stanza per andarglieli a prendere senza toccare il pavimento, poggiandosi acrobaticamente sui mobili, le tende, i quadri tornando poi al punto di partenza. Magistrale.

Successivamente, Bernard assiste a un altro evento evocativo e poetico: un camion della spazzatura passa per un vicolo stretto e perde dietro di sé dei giocattoli, tra cui una bambola meccanica che gli muore tra le mani chiudendo gli occhi.

Infine Bernard spiccherà, letteralmente, il volo.

Ce n’è quanto basta per affascinare gli spettatori in cerca di un cinema non banale, e per spaventare coloro che cercano qualcosa di più rassicurante. Certo non tutto funziona: c’è un eccesso di simbolismi e al film manca una coerenza narrativa; ma, pur non essendo Bergman, Buñuel o Fellini, Elmar Imanov ha del talento e ha qualcosa da dire. Col tempo si affinerà.

IL BACIO DELLA CAVALLETTA

(t.o.: Der Kuss des Grashüpfers)

Regia e sceneggiatura: Elmar Imanov; fotografia (colore): Borris Kehl; musiche: Kyan Bayani; montaggio: Beppe Leonetti; scenografia: Mariam Iakobashvili, Marie Schäder, Mira Laczkowski, Giorgi Karalashvili; interpreti: Lenn Kudrjawizki, Aichael Hanemann, Sophie Mousel; produzione: Color of May; distribuzione: Trent Film; origine: Germania-Lussemburgo-Italia 2025; formato: 2,39:1; durata: 128 min.

Fonte: ToscanaOggi.it del 13/05/2025

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